Insoddisfazione sul lavoro?
Insoddisfazione sul lavoro? Ecco il 1° passo da fare!
Oggi parliamo un po’ di lavoro e di carriera, argomento che, se mi conosci un po’, sai essere fra i miei preferiti.
Le statistiche in merito alle persone insoddisfatte della propria situazione professionale si sprecano, al punto che alcune ricerche dichiarano percentuali allarmanti, ma a prescindere dalle cifre basta guardarsi intorno.
Tanti, troppi, si trascinano al lavoro e passano il tempo a desiderare l’ora di chiusura, il venerdì e le ferie.
Uno spreco assurdo di tempo, di energie, di talento e di potenziale!
Io ho fatto parte per anni di questa schiera di insoddisfatti e, lo dichiaro senza remore, il mio percorso nel coaching nasce proprio da questo tipo di situazione.
Ho voluto con tutte le mie forze cambiare in una direzione che mi facesse sentire realizzata e felice, e adesso che ci sono riuscita desidero con tutte le mie forze aiutare chi sta vivendo il mio stesso disagio ed è a sua volta pronto ad affrontare la questione e mettersi in gioco.
Per chi si rassegna non c’è, al momento, molto da fare.
Ma a chi ha voglia di stare meglio, di migliorare le cose, di alzarsi la mattina con la certezza di non andare a sprecare la giornata, voglio dire: c’è molto che si può fare, da subito, e senza necessariamente compiere scelte drastiche e definitive.
E il primo passo da fare, in assoluto, per superare la propria insoddisfazione sul lavoro è lavorare su se stessi.
Magari l’hai già sentito dire (il più delle volte a sproposito, su un piano prettamente teorico), o magari no perché lavorare su se stessi fa molto crescita personale, molto new age, ed è considerato poco importante nell’ambito professionale, soprattutto a fronte di competenze tecniche specifiche e conoscenze approfondite del macro e del micro settore di appartenenza.
Si viene incoraggiati ad acquisire esperienza e conoscenza, al massimo competenze trasversali e relazionali, ma raramente si parla di approfondire la conoscenza di se stessi.
Invece, tutto parte da te, da aspetti di te che non hai mai esplorato e che non hai mai considerato importanti ai fini della tua realizzazione professionale.
Oggi quindi ti invito a fare un primo esercizio nella giusta direzione e ti suggerisco di riflettere su un articolo che secondo me contiene più verità di quanto non appaia a un primo sguardo: 4 mentalities that are killing your career.
Per chi non conoscesse bene l’inglese o non avesse il tempo di leggerlo, lo riassumo brevemente.
Partendo dal concetto che il lavoro fisso è morto e che questo non sia necessariamente un male, l’autrice suggerisce l’importanza di approcciare la vita professionale sentendosi business partner – e non più impiegati o dipendenti – del proprio datore di lavoro.
Inoltre, avverte di prestare particolare attenzione a non coltivare una di queste quattro tipologie di mentalità, che ostacolano qualsiasi progresso :
- Persone che considerano ogni cambiamento, ogni opzione, ogni variazione di percorso, come un rischio da soppesare all’infinito, e intanto il tempo passa;
- Persone che hanno definito un percorso al quale attenersi e non considerano alcuno scostamento dallo stesso, perdendo così ottime opportunità;
- Persone che hanno infinite, ottime idee per migliorare la propria carriera, ma non agiscono in modo concretamente focalizzato e costante nel tempo per realizzarle;
- Persone che ritengono che il proprio percorso professionale sia regolato dal fato, dalla fortuna o dal caso, e quindi accettano qualsiasi opportunità si presenti senza definire una direzione in modo proattivo.
Senza voler salire in cattedra, io di certo ero colpevole – a fasi alterne – di almeno un paio di questi approcci mentali.
E tu, quale ritieni stia ostacolando la tua soddisfazione professionale?
Pensaci, e – se vuoi – fammelo sapere nei commenti!
Persone che considerano ogni cambiamento, ogni opzione, ogni variazione di percorso, come un rischio da soppesare all’infinito, e intanto il tempo passa;
Persone che hanno definito un percorso al quale attenersi e non considerano alcuno scostamento dallo stesso, perdendo così ottime opportunità;
Questi sono un po’ i punti che più mi riguardano.
Forse anche per il terrore psicologico che ci inculcano i media ma anche gli amici, non sono rari quei casi in cui di fronte ad un’opportunità lavorativa sono sempre sul chi va la dicendo ” pensaci bene eh!come se dovessi andare in guerra…”
Sinceramente non so in qualche categoria inserirmi. A me, del mio lavoro, non frega proprio niente, ma niente! Paradossalmente il mio dovrebbe essere un lavoro abbastanza stimolante, con possibilità di fare, ma io rifuggo ogni genere di opportunità che offrono o mi si presenta. Prendo un po’ il tutto con sufficienza, facendo il minimo indispensabile (o quasi) anche se mi rendo conto che potrei fare di più. Così come mi rendo conto che non mi interessa per niente fare di più! Il lavoro è quel tempo che mi separa tra un periodo di ferie e l’altro, nulla più.
Eppure in passato non era così, ma mi sono reso conto che approcciare il lavoro con voglia di fare ed entusiasmo portava solo a consumare energia, che veniva sottratta ad altro: famiglia, affetti (che nella mia scala di priorità sono decisamente al primo posto). Voglia di fare ed entusiasmo dei quali spesso colleghi e/o superiori si sono approfittati. Da lì, il cambiamento in un disinteresse totale.
Cosa fare? Boh sinceramente non lo so. Non ho ancora capito se per me ciò è positivo o negativo.