Elena Re Coaching Cuneo

PERCHÉ funziona il coaching?

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Ed eccoci infine a chiederci: perché funziona il coaching?

Cosa lo rende uno strumento così efficace?

Cosa permette a un coachee di ottenere tramite un percorso di coaching risultati eccellenti, a volte anche in tempi molto brevi?

Si potrebbe disquisire a lungo sull’argomento, portare evidenze e citare teorie, rifarsi all’approccio maieutico introdotto nella cultura occidentale da Socrate e tramandatoci da Platone, elencare casistiche dettagliate.

Dato che potrete trovare un’ampia documentazione consultando altre fonti, vi risparmio questa parte e vado subito a quello che io ritengo essere il punto.

guardare oltre con il coaching

Per mia esperienza personale, il vero motivo per cui il coaching funziona, e bene, è riconducibile a questo:

permette alle persone di vedere le cose da un punto di vista diverso dal loro solito.

Tutto qui?

Sì, secondo me alla fin fine è tutto qui. Solo che non si tratta affatto di una cosa da poco.

Se pensiamo ai momenti che hanno radicalmente cambiato la nostra vita, che ci hanno ispirati, che ci hanno permesso di diventare le persone che oggi siamo, dobbiamo ammettere che tali momenti sono sempre stati caratterizzati da un cambiamento di percezione, dall’apertura a nuovi  sistemi di pensiero, dall’acquisizione di una nuova prospettiva: sulla vita, sulle relazioni, sulle nostre priorità, e via dicendo.

attimo fuggenteIn alcuni casi siamo stati ispirati da un libro o da un film. All’improvviso ci siamo resi conto che la realtà poteva essere considerata in modo diverso, e che questo implicava nuove possibilità, nuovi pensieri, nuovi comportamenti e atteggiamenti.

In altri casi l’incontro con una persona ci ha aperto un mondo nuovo: un’insegnante davvero capace di coinvolgere e trasmettere valori, un nuovo amore, l’amicizia con una persona apparentemente molto diversa da noi, etc.

Agricoltura

A volte è stato il contatto con una cultura diversa dalla nostra: un viaggio, un periodo di studio o lavoro all’estero, o anche l’inserimento in un nuovo ambiente (scolastico, sportivo, lavorativo, …) con le sue regole esplicite e implicite.

Altre il punto di svolta si è avuto con un evento traumatico: un litigio, una separazione, un incidente, la perdita di una persona cara.

Sono tutte situazioni che abbiamo vissuto e che sperimentiamo ogni giorno, e che in alcuni casi scuotono letteralmente le fondamenta del nostro mondo, permettendoci di, e a volte costringendoci a, cambiare prospettiva, sperimentare nuove emozioni ed evolverci in persone più mature, più complete.

Tuttavia questo non sempre accade e, se ci fate caso, succede più raramente mano a mano che la nostra personalità si definisce e si rafforza.

Troviamo sempre più spesso conferme al nostro modo di pensare, piuttosto che smentite, e ci sentiamo sempre più “a posto” mano a mano che acquisiamo esperienza, soprattutto in relazione agli ambienti e alle relazioni che ci sono più famigliari, al punto da evitare a qualsiasi costo di sentirci “fuori posto” attraverso il confronto con nuove situazioni o anche solo con sistemi di pensiero diversi dal nostro.

piramide della gerarchia dei bisogniNulla di male in tutto questo, anzi si tratta di un processo sano e naturale che ci permette di vivere in modo produttivo e finalizzato, sentendoci quanto più possibile al sicuro.

E, come sappiamo, la sicurezza è uno dei bisogni primari dell’essere umano (vedi la piramide dei bisogni di A. Maslow).

Ovviamente, l’altra faccia della medaglia è rappresentata dalla progressiva perdita di flessibilità, e spesso anche di creatività, che deriva dal vivere all’interno di un ecosistema (definito comfort zone) in parte isolato dal resto del mondo, seguendo percorsi conosciuti e ripetendo in modo abitudinario comportamenti famigliari.

Cosa accade quindi quando un cambiamento interviene a scombussolare i nostri equilibri e ci obbliga a uscire dalla nostra comfort zone? O quando il nostro ecosistema, per mille motivi, è diventato sempre meno confortevole, al punto da spingerci a cercare noi stessi il cambiamento?

Dobbiamo adattarci, e per riuscirci abbiamo bisogno, caso per caso, di acquisire nuove competenze e adottare nuove abitudini comportamentali, nuove convinzioni, nuovi sistemi di pensiero.

Questo processo risulta tanto più ostico quanto più rigide erano in precedenza le regole che reggevano il nostro mondo. In ogni caso è assolutamente fattibile anche in modo del tutto autonomo. Ci si forma, si ascoltano le opinioni di un gran numero di persone, si osserva quanto accade intorno a noi e i comportamenti di chi ci sembra aver già acquisito famigliarità con l’ecosistema nel quale desideriamo inserirci.

il coaching mette in evidenza quello che non è evidenteLa vera difficoltà consiste nell’isolare le informazioni di valore all’interno di un flusso ampio e rumoroso, nel distinguere quello che è funzionale da quello che non lo è, nel capire come applicare in prima persona strategie che sembrano andare bene per alcuni ma non per altri (non esiste un modello perfetto da imitare, e se anche esistesse, vogliamo davvero imitare qualcun altro o trovare il nostro modo personale di essere?)

E’ qui che si può apprezzare il valore del supporto di un coach, il/la quale ci porrà domande mirate a:

  • perché funziona il coachingaiutarci a considerare la situazione sotto ogni possibile punto di vista, fino a definire la prospettiva che per noi risulta più potenziante, vale a dire portatrice di maggiori vantaggi rispetto alle altre,
  • farci trovare le risorse necessarie ad interpretare al meglio il cambiamento, risorse che magari già abbiamo o che dobbiamo invece acquisire,
  • valutare quali modalità di utilizzo di tali risorse siano sia compatibili con il nostro modo di essere sia rispettose dell’ambiente che ci circonda.

Dato che ci fidiamo del nostro coach e sappiamo che non ci giudica (perché lo abbiamo scelto con criterio e perché ce lo dimostra costantemente), gli/le permettiamo con le sue domande di mettere in dubbio le nostre certezze e quindi di scuotere le fondamenta del nostro mondo, e non ci sentiamo minacciati mentre lo fa. Ammettiamolo, con le persone a noi più vicine non sarebbe certo lo stesso!

Alla fine del percorso,  la nuova prospettiva, con tutti i cambiamenti che ne conseguono, sarà diventata parte integrante del nostro sistema. E noi ci sentiremo nuovamente all’interno della nostra comfort zone, solo che questa zona sarà più ampia, più flessibile e più ricca di alternative.

paint colorsIl che è precisamente lo scopo di un percorso di coaching: farci stare bene, anzi sempre meglio, e rendere la nostra vita un po’ più ricca di colori e di soddisfazioni.

PS scrivimi qui se vuoi saperne di più!

Elena Re Coaching - Cuneo

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