Facebook mon amour: reputazione e social network
Oggi parliamo di social media, e dell’impatto che hanno sulla nostra reputazione se utilizzati male: cominciamo da Facebook, il più popolare e il più abusato.
È da un po’ che questo post vuole saltar fuori dalla mia tastiera, ma mi sono sempre trattenuta perché non mi piacciono le maestrine dalla penna rossa, men che meno quando il rosso diventa quello delle correzioni invece di quello di un ornamento. Oggi però ho trovato su Facebook un articolo in merito, i cui alcuni commenti che mi hanno fatta riflettere.
L’articolo (che ufficialmente sarebbe stato pubblicato su The Huffington Post USA, ma in pratica non si sa dato che il link interno porta ad un post diverso) in sostanza consiglia di astenersi da una serie di comportamenti, quali:
- Postare stati contenenti “catene di Sant’Antonio”
- Fare il tifo per una squadra con entusiasmo eccessivo e comportamenti al limite del delirio
- Parlare continuamente di bambini, matrimoni e/o fidanzamenti ufficiali
- Vantarsi di bere molto e/o postare foto a riguardo… e chiedere scusa, il giorno dopo
- Inviare continui inviti allo spettacolo, alla mostra o al concerto di turno
- Credere che il vostro profilo sia come un blog
- Richiedere l’amicizia a persone che, in realtà, non conoscete
- Interagire con persone con cui non avete assolutamente nulla in comune
- Inviare un milione di inviti a “Farmville”
- Vantarsi in modo eccessivo
- Vantarsi “umilmente”
Mancano giusto “non postare gattini/cibo ogni 2 ore”, “non postare bufale, controlla le fonti” e il più recente “non aggiungere a oltranza persone a caso ai tuoi gruppi”, tre classici inascoltati.
Alcuni di questi suggerimenti sono stati contestati con forza da molti commentatori, in particolare quello relativo al blog che a mia volta non condivido, e altri hanno commentato “roba da antichi” e “banalità trite e ritrite”.
Davvero? Forse sì, ma prova a metterti nei panni di un selezionatore, di un potenziale cliente, di un possibile socio in affari (o anche del genitore di un amico di vostro figlio, di un vicino di casa, etc).
Cerca il tuo nome su Google, e il primo – e a volte unico – risultato lo/la porta a Facebook.
Entra nel tuo profilo e, pur senza essere fra i tuoi amici, trova solo immagini in costume da bagno o a feste alcooliche. Oppure solo infiniti record battuti al giochino di turno (magari in orario lavorativo). O l’apologia di una squadra di calcio con relativi insulti e alterchi verbali con i seguaci delle squadre rivali, volgarità incluse. O solo selfie con duck-face di rito, o solo gattini, o tutti i tuoi pasti, oppure una fila di condivisioni di post su scie chimiche, malattie della pelle prese toccando un insetto, e altre amenità simili.
Sono oggettivamente presupposti sulla base dei quali instaurare una relazione di reciproca fiducia?
Si può obiettare che un selezionatore/socio/cliente degno di questo nome non dovrebbe farsi condizionare da quello che trova all’interno di un profilo personale, su un social dedicato al tempo libero, alle relazioni, ai contatti informali. Peccato che
- siamo tutti esseri umani e spesso cediamo al potere della prima impressione
- determinati aspetti della nostra vita privata dovrebbero rimanere, come dice il
nome, privati. Facebook ha previsto molti modi di proteggere la propria privacy, che permettono di decidere chi può vedere i nostri contenuti e chi no. A meno di avere a che fare con uno smanettone, è sufficiente decidere che le foto delle nostre serate in discoteca siano visibili solo a un certo gruppo di amici, ed eviteremo di dare una prima impressione sbagliata (o giusta, ma inutile ai fini di una selezione)
C’è davvero bisogno di ribadire questi concetti?
Sì, soprattutto perché, diversamente da quanto ci si poteva aspettare alcuni anni fa (quando comunque FB non esisteva), oggi il mondo si è fatto più piccolo e più instabile e nessuno può essere sicuro di non dover mai rimettersi in gioco e di chi potrà incontrare lungo il percorso.
Ancora oggi ci sono profili di professionisti che so essere estremamente seri e validi, dei quali tutto il mondo vede i bagordi serali e i tatuaggi, e nient’altro. E ci sono persone che perdono ogni ritegno rivelandosi intransigenti e aggressive, sotto gli occhi di tutti. Di persona, non mostrerebbero quello che mettono in primo piano sui social, eppure prima di cliccare su INVIO non si pongono la più semplice delle domande: è qualcosa che davvero voglio condividere con tutto il mondo?
Se desideriamo essere presi sul serio, si tratta di una domanda che è meglio farsi. Così come imparare a usare le impostazioni della privacy.