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Valore professionale: quanto ti valuti in euro?

L’articolo di oggi è dedicato soprattutto a chi sta lanciando una nuova attività e proviene dal mondo del lavoro dipendente: infatti il ragionamento che voglio fare con te proviene dritto da una sessione di coaching con una persona in questa situazione.

Si tratta comunque di un approccio che può servire anche a liberi professionisti o freelance più navigati, perché a volte perdere di vista alcuni riferimenti può essere destabilizzante ed economicamente molto dannoso.

Anche se parleremo di soldi, l’argomento in questo caso non riguarda direttamente la politica dei prezzi che intendi applicare o che stai applicando, anche se potrebbe influenzarla radicalmente, bensì la percezione che hai di te in termini di valore economico.

Quanto ritieni di valere, in euro? Come valuti il tuo lavoro?

Spesso, e soprattutto all’inizio dell’attività, chi proviene dal mondo del lavoro dipendente utilizza, come riferimento per la definizione del valore del proprio lavoro, lo stipendio che percepiva prima di diventare autonomo.

Il ragionamento è più o meno questo:

  • da dipendente percepivo – ad esempio – 1.000 euro netti al mese, cioè su base giornaliera indicativamente 1.000/21=47 euro al giorno
  • da lavoratore autonomo vorrei guadagnare almeno quella cifra
  • per il regime fiscale che ho scelto e l’attività che svolgo, i mie costi sono – ipotizziamo – il 40% fra tasse, contributi e spese vive (non stiamo parlando ovviamente di costi di produzione, bensì solo del tuo costo, per il solo fatto di essere la persona che materialmente svolge il lavoro)
  • spalmandoli su base mensile devo guadagnare almeno 1.400 euro al mese
  • quindi, per guadagnare come prima, dovrò fatturare ogni giorno 1.400/21=67 euro

Questo tipo di ragionamento, a parte le varie e non insignificanti imprecisioni (le più vistose sono: ferie, malattie, tredicesima ed eventuale quattordicesima e trattamento di fine rapporto), genera

una percezione del proprio valore professionale assolutamente errata!

E se si è appena un po’ predisposti a sottovalutarsi, e magari si nutrono alcuni dubbi sulle proprie capacità, la propria unicità, etc. (la classica “sindrome dell’impostore“, più diffusa di quanto si pensi), porta a definire una politica dei prezzi totalmente inadeguata, affossando la nuova attività ancora prima che questa abbia potuto dimostrare di avere i numeri per sopravvivere alla prova del mercato.

Una persona che abbia questo tipo di convinzione, alla base della percezione del proprio valore professionale, rischia di sentirsi “una ladra” se fattura 97 euro per un servizio che le richiede, fra preparazione, svolgimento ed elaborazione post-servizio, 2 o 3 ore. E, se produce un oggetto fisico, finisce per elaborare un prezzo che tiene conto dei costi oggettivi e in minima parte delle ore di lavoro (valutate sottocosto).

In entrambi i casi, senza minimamente considerare quello che di immateriale è presente nel lavoro/servizio svolto:

l’esperienza, la competenza, la creatività, l’impatto che avrà sulla vita del cliente, etc.

Per cui, se per caso ti sei anche solo parzialmente riconosciuta in questa sequenza di pensieri e fatichi ad attribuire un valore economico all’aspetto artistico del tuo lavoro o all’importanza del problema che risolvi, ti propongo un altro modo di fare i conti: un modo diverso e peraltro molto più corrispondente all’effettiva realtà dei fatti (e qui entrano in scena i miei anni passati nella Gestione delle Risorse Umane…).

Considera che, spannometricamente (al ribasso):

  • se tu percepivi 1.000 euro al mese, il tuo stipendio lordo in realtà si aggirava intorno ai 1.350/1.450 euro
  • tale lordo corrispondeva ad un costo del lavoro per il tuo datore di lavoro pari a circa 2.300/2.700 (molto dipende dal contratto collettivo dell’azienda, dai fattori di rischio sul lavoro, e da infinite altre minuzie che comunque rappresentano un costo importante), sempre ammesso che tu usufruissi regolarmente delle ferie e non fossi troppo spesso assente per malattia, maternità, o altro
  • su base giornaliera, quindi, tu costavi al tuo datore di lavoro circa 110/128 euro

Il tuo valore per il datore di lavoro, tuttavia, non era rappresentato dai 110/128 euro, bensì da quello che tu producevi:

l’obiettivo di chi assume un dipendente è di farlo rendere più di quanto gli costi!

Ovviamente, per alcune occupazioni è molto facile fare il calcolo di quanto tu rendessi effettivamente alla tua azienda: in ambito commerciale o produttivo è più evidente, mentre chi svolge mansioni amministrative o ai servizi interni non ha, spesso, accesso ai dati che potrebbero dare un’idea della resa effettiva valorizzata in euro. Tuttavia, anche considerando il periodo di crisi economica che molte azienda stanno attraversando, puoi ragionevolmente immaginare che vi fosse una differenza fra quello che costavi e quello che rendevi.

Per tornare all’esempio di prima, manteniamoci prudenti e ipotizziamo che il tuo datore di lavoro incassasse (risparmiasse, producesse), per ogni tua giornata lavorativa, 150/180 euro, con un utile di 40/55 euro.

Sarebbe lecito, ora che sei tu il datore di lavoro di te stessa, guadagnare altrettanto sul tuo lavoro? Considerando il tempo che togli alle persone a te care, i sacrifici che fai, il rischio d’impresa che ti sei assunta? E senza considerare il valore aggiunto che offri tu, proprio tu, con la tua esperienza, la tua passione, le competenze acquisite?

Io credo di sì, e credo che questo ti aiuterebbe a percepire diversamente la tua attività, dando un valore maggiore e – ritengo – più giusto a te stessa.

Anche se in questo momento senti di non essere proprio perfetta, di non avere proprio tutte le competenze della concorrenza, di non essere poi così speciale (di questo torneremo comunque a parlare, perché se oggi è così, nulla implica che debba rimanere così in futuro!).

Stai comunque facendo del tuo meglio, e il tuo cliente ha liberamente deciso che il tuo meglio è ciò che lui/lei vuole!

Ricordatelo, la prossima volta che prepari un preventivo!

P.S. Ovviamente, questo non significa che da domani adeguerai i prezzi alle cifre ricavate con questo tipo di ragionamento: la definizione dei tuoi prezzi è questione ben diversa, soggetta a valutazioni che riguardano sia i tuoi costi sia la situazione del mercato in cui ti muovi. Tuttavia da domani potrai sentirti a tuo agio nel richiedere un presso equo per il tuo lavoro, mentre fino ad oggi questo ti metteva in difficoltà: un bel passo avanti, vero?

Elena Re Coaching - Cuneo